Immagine
 
 
"
Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola

Gv 17, 21
"
 
\\ Home : Storico : Riflessioni sull'Eucaristia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 09/03/2010 @ 15:14:46, in Riflessioni sull'Eucaristia, linkato 2311 volte)

 L’apostolo Paolo rivela ai primi cristiani l’elemento che unifica la Chiesa: “Un corpo solo siamo noi, quantunque, molti, perché noi tutti partecipiamo di uno stesso Pane” (1 Cor 10, 17) e “perché imbevuti di uno stesso Spirito” (1 Cor 12, 13). L’Eucaristia - e lo Spirito Santo ci è dato mediante il Battesimo e l’Eucaristia - è l’elemento di fusione e la linfa di santificazione della Chiesa.

Nel definire la Chiesa non possiamo cedere alla mentalità “laica” pensando la Chiesa come clero, come popolo di Dio in cammino (immagine sbiadita rispetto alla forte immagine paolina del Corpo Mistico), come semplice comunità visibile dei cristiani, come una delle tante efflorescenze religiose della storia. Cogliendo la realtà della Chiesa nella sua radice possiamo dire: “La Chiesa è Gesù presente nell’Eucaristia, la Chiesa è l’Eucaristia”.

Lo stesso Corpo Mistico non sussiste da solo senza il Verbo di Dio fatto Uomo che unisce questa umanità redenta al suo Sacrificio Eucaristico e la nutre col suo Corpo, col suo Sangue, con la sua Parola redentrice.

Il linguaggio di Gesù

In base alla Rivelazione la teologia definisce in vari modi la Chiesa. Nel Vangelo Gesù presenta Se stesso come la fonte da cui essa scaturisce e viene alimentata, l’Anima che la tiene in vita, lo Sposo che la rende feconda e l’attende alle nozze eterne, il buon pastore che la guida sino alla fine dei tempi, la Donna vestita di Sole, l’Io profondo della Chiesa.

Di fronte alla complessa realtà della Chiesa, come i Sacramenti, la Liturgia, i Pastori che la governano, i gradi gerarchici, le sue ramificazioni geografiche, si impone come fondamento predominante la realtà divina del Verbo di Dio fatto Uomo. La Chiesa è innanzi tutto e soprattutto Gesù.

Il suo linguaggio in merito va colto nella sua concretezza espressiva: come Figlio di Dio, Gesù ha pieno diritto di mettere in risalto il proprio Io di Creatore e di Redentore. E’ questo Io, è unicamente questo Io che dà senso a ogni elemento della Chiesa. Riportiamo per convincerci le sue stesse parole.

 “Dove sono due o tre radunati nel mio nome, Io sono in mezzo a loro. Vi dico in verità che se due di voi si accorderanno sulla terra intorno a qualunque cosa da chiedere, sarà loro concessa dal Padre mio che è nei Cieli” (Mt 18, 20, 19). “Se mi chiederete qualcosa, la farò” (Gv 14, 14). “ Qualunque cosa chiederete al Padre, Io la farò” (Gv 14, 13; 16, 23).

La presenza di Gesù in mezzo a noi si attua soprattutto nella riunione (ecclesìa) da Lui stesso istituita, e in modo tutto particolare nel Sacrificio Eucaristico.

“Prendete e mangiate: questo è il mio corpo. Prendete e bevete: questo è il calice del mio sangue sparso per voi e per molti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di Me” (1 Cor 11, 23s). E’ Gesù che genera la Chiesa intorno al Sacrificio della Croce da Lui stesso rinnovato nel Sacrificio Eucaristico. Il sacerdote è suo ministro, ossia amministratore della grazia salvifica emanante dall’Albero della Vita piantato nel giardino terrestre della sua Chiesa.

Ex Corde scisso Ecclesia, Cristo iugata, nascitur: dal Cuore squarciato di Cristo nasce la Chiesa sua Sposa.

“Se non mangerete la carne del Figlio dell’Uomo non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e Io lo risusciterò nell’ultimo giorno, perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in Me e Io in lui. Come il Padre, il Vivente, ha mandato Me, e Io vivo per il Padre, così pure chi mangia di Me vivrà per me” (Gv 6, 54s). La Chiesa attua in pienezza questa presenza ed efficacia nella Comunione Eucaristica: è Gesù stesso che raggiunge a uno a uno tutti i suoi figli per nutrirli del suo Corpo e del suo Sangue.

Nella Chiesa assistiamo ogni giorno a ondate di persone che si susseguono a ricevere il Pane di Vita. E’ Gesù che nutre tutti di Sé. “Da Lui esce una forza che sana ogni malattia e ogni languore” (Mt 4, 23 ecc.).

 Con Lui nell’Eucaristia la Chiesa è piena, senza l’Eucaristia la Chiesa è vuota, come le chiese protestanti, che oltre all’Eucaristia hanno eliminato anche il sacramento della Penitenza, che dispone a ricevere l’Eucaristia come conviene.

“Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). E’ Gesù il Buon Pastore che conosce le sue pecore, dà la vita per esse, va alla ricerca delle pecore smarrite e riunirà gli eletti in un solo gregge sotto un unico Pastore (v. Gv 10, 1s).

Questa promessa di Gesù, fatta in modo solenne nel conferire la missione di predicare il Vangelo, di battezzare tutte le genti scacciando i demoni e guarendo ogni male indica che dietro l’operare della Chiesa è Lui stesso a dirigere ogni cosa donando il suo Spirito per guidarla verso la Verità tutta intera (Gv 16, 13s).

Tutta la fatica di Gesù, dalla nascita alla predicazione fino alla morte in Croce e alla Risurrezione, tutta la sua vita si incentra nella fondazione del suo Regno sulla terra, il suo Regno si incentra nella Chiesa, e la Chiesa si incentra nella sua Presenza tra noi sino alla fine dei tempi, che è l’Eucaristia. L’Io profondo della Chiesa è Lui, e lo sarà anche nella Vita eterna.

Sapessi chi è Gesù! esclamano coloro che entrano in Paradiso (Prof. Mor).

Il linguaggio del Concilio

I frequenti passi eucaristici del Concilio Vaticano II illustrano i molteplici aspetti dell’Eucaristia. Ne riportiamo i più significativi.

- L’Eucaristia è il Centro dell’unità.

Col sacramento del Pane eucaristico viene rappresentata e si compie l’unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo. Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo, che è la Luce del mondo: da Lui veniamo, per Lui viviamo e a Lui siamo diretti (LG 3).

Il Cristo istituì nella Chiesa il mirabile sacramento dell’Eucaristia, dal quale l’unità della Chiesa è significata e attuata (UR 2).

La Sinassi Eucaristica è il centro della comunità dei cristiani presieduta dal Presbitero (PO 5).

Non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della Santa Eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità (PO 5).

- L’Eucaristia è il vincolo di unione dei Presbiteri e dei fedeli.

Tale unione viene rappresentata quando i Presbiteri concelebrano l’Eucaristia in comunione di affetti (PO 8).

Nella liturgia della Parola durante la celebrazione della Messa si realizza l’unità inscindibile tra l’annunzio della morte e risurrezione del Signore, la risposta del popolo che ascolta, e l’oblazione stessa con la quale Cristo ha confermato nel suo Sangue la Nuova Alleanza: oblazione in cui si uniscono i fedeli sia con i loro voti e preghiere, sia con la recezione del Sacramento (PO 4).

- L’Eucaristia crea la coesione tra le chiese particolari.

In ogni comunità che partecipa all’altare, sotto la sacra presidenza del vescovo, viene offerto il simbolo di quella carità e unità del Corpo Mistico senza la quale non può esserci salvezza. In queste comunità, sebbene spesso piccole e povere e disperse, è presente Cristo, per virtù del quale si raccoglie la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica (LG 26. )

- L’Eucaristia è il centro della lode liturgica.

Il Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza, Cristo Gesù, prendendo la natura umana ha introdotto in questo esilio terrestre quell’inno che viene eternamente cantato nelle sedi celesti…Questo ufficio sacerdotale Cristo lo continua per mezzo della sua Chiesa, che loda incessantemente il Signore e intercede per la salvezza del mondo non solo con la celebrazione dell’Eucaristia, ma anche in altri modi, specialmente con l’Ufficio Divino (SC 83).

Quando celebriamo il Sacrificio Eucaristico ci uniamo in sommo grado al culto della Chiesa Celeste, comunicando con essa e venerando la memoria soprattutto della gloriosa sempre vergine Maria, e anche del beato Giuseppe, dei beati Apostoli e Martiri, e di tutti i Santi (LG 50).

- L’Eucaristia centro e vertice dell’attività ecclesiale.

Tutti i Sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici, sono strettamente uniti alla Sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati (PO 5).

- L’Eucaristia centro delle comunità consacrate.

La vita in comune, sull’esempio della Chiesa primitiva in cui la moltitudine dei credenti era d’un cuore solo e d’un’anima sola, nutrita per mezzo degli insegnamenti del Vangelo, della sacra Liturgia e soprattutto dell’Eucaristia, perseveri nell’orazione e nella stessa unità di spirito (PC 15).

- L’Eucaristia anima dell’evangelizzazione.

L’Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione, così che i catecumeni sono introdotti a poco a poco alla partecipazione dell’Eucaristia, e i fedeli già segnati dal sacro Battesimo e dalla Confermazione sono pienamente inseriti nel Corpo di Cristo per mezzo dell’Eucaristia (PO 5).

Per mezzo dell’annuncio apostolico del Vangelo il Popolo di Dio viene convocato e adunato in modo che tutti coloro che appartengono a questo Popolo, dato che sono santificati dallo Spirito Santo, possono offrire se stessi come ‘ostia viva, santa, accettabile a Dio’. Inoltre è attraverso il ministero dei Presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto perché viene unito al Sacrificio di Cristo, unico Mediatore. Questo Sacrificio infatti, per mano dei Presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell’Eucaristia in modo incruento e sacramentale fino al giorno della venuta del Signore. A ciò tende e in ciò trova la sua perfetta realizzazione il ministero dei Presbiteri. Effettivamente il loro servizio, che comincia con l’annunzio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal sacrificio di Cristo, e ha come scopo che ‘tutta la città redenta, cioè la riunione e la società dei santi, si offra a Dio come Sacrificio universale per mezzo del Grande Sacerdote, il quale ha offerto se stesso per noi con la sua passione, per farci diventare corpo di sì eccelso Capo’ (S. Agostino) (PO 5).

- L’Eucaristia anima dell’attività caritativa e missionaria.

La celebrazione eucaristica per essere piena e sincera deve spingere alle diverse opere di carità e al reciproco aiuto, all’azione missionaria, e alle varie forme della testimonianza cristiana (PO 6).

- L’Eucaristia cuore della Chiesa.

“Nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e Pane vivo, che mediante la sua Carne vivificata e vivificante nello Spirito Santo dà vita agli uomini” (PO 5).

Giovanni Paolo II ha definito l’Eucaristia Cuore della Chiesa, aggiungendo che “dove fiorisce l’Eucaristia, fiorisce anche la Chiesa” (a Siena, 14 settembre 1980).

La Chiesa è Gesù! La Chiesa è Gesù Eucaristia! “ Gesù Cristo è sempre lo stesso: oggi, domani e per tutti i secoli” (Eb 13, 8).

 
Di Admin (del 09/03/2010 @ 14:58:08, in Riflessioni sull'Eucaristia, linkato 1673 volte)

L’Eucaristia ci viene dalla Croce. Gesù l’ha istituita come Sacrificio che rende presente sino alla fine dei tempi il suo Sacrificio sulla Croce: “Il Signore Gesù, la notte in cui fu tradito prese del pane, rese grazie, lo spezzò e disse: ‘Questo è il mio corpo dato per voi. Fate questo in memoria di Me’. Similmente dopo aver cenato prese il calice dicendo: ‘Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue: fate questo, tutte le volte che lo berrete, in memoria di me’. Ogni volta dunque che voi mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore fino a che egli venga” (1 Cor 11, 23s). Il realismo della divina presenza nel Sacrificio Eucaristico è confermato nel discorso sul Pane di Vita (Gv 6, 52s).

L’Eucaristia ci giunge quindi per via della Croce, come rinnovamento del Sacrificio di Gesù sul Calvario. Contro Lutero e i suoi seguaci nemici della Croce di Cristo (Fp 3, 18 ) che ancora oggi non vogliono sentir parlare di Sacrificio e riducono la Messa semplice cena simbolica, il Concilio Vaticano II ripete con il Concilio di Trento e la ininterrotta dottrina tradizionale: “Il nostro Salvatore nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il Sacrificio Eucaristico del suo corpo e del suo Sangue al fine di perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione”(SC 47).

E Pio XII, nell’enciclica Mediator Dei, afferma:

“L’augusto Sacrificio dell’altare non è una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù, ma un vero e proprio sacrificio nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima”. E precisa: “Differente però è il modo col quale Cristo è offerto. Sulla croce, infatti, Egli offrì a Dio tutto se stesso e le sue sofferenze, e l’immolazione della vittima fu compiuta per mezzo di una morte cruenta liberamente subita; sull’altare invece, a causa dello stato glorioso della sua umana natura, ‘la morte non ha più dominio su di Lui’, e quindi non è possibile l’effusione del sangue. Ma la divina Sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il Sacrificio del nostro Redentore con segni esteriori che sono simboli di morte. Poiché, per mezzo della transustanziazione del pane in Corpo e del vino in Sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo Corpo, così si ha il suo Sangue. Le specie eucaristiche poi, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del Corpo e del Sangue. Così il memoriale della sua morte reale sul Calvario si ripete in ogni Sacrificio dell’altare, perché per mezzo di simboli distinti si significa e dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima” (Mediator Dei).

Gesù, figlio di Dio fatto Uomo, ha voluto immergersi nel cuore della creazione fino all’abisso del peccato umano per rendere a Dio la gloria adeguata alla sua Maestà e riparare i peccati del mondo, e ha collocato il Sacrificio della Croce nel paradiso terrestre della Chiesa come Albero della Vita dal quale potessimo cogliere sino alla fine del mondo i frutti della sua Incarnazione, Passione e Morte mediante la Comunione con Lui, e unirci a Lui stesso per glorificare in modo adeguato il Padre, per ringraziarlo dei suoi doni, per espiare le colpe nostre e del mondo intero, per ottenere le grazie di cui abbiamo bisogno.

I fini del Sacrificio

Sono così espressi da Pio XII nell’enciclica Mediator Dei.

Sacerdote e Vittima

Nell’Eucaristia Gesù si fa presente come Sacerdote che offre e come Vittima offerta da Lui stesso a Dio, coinvolgendo la sua Sposa, la Chiesa, e ognuno di noi nella sua azione sacerdotale. Nel Sacrificio Eucaristico Egli fa di noi i veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità (Gv 4, 23).

Dice il Concilio: “Il servizio sacerdotale, che comincia con l’annuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal Sacrificio Eucaristico, e ha come scopo che ‘tutta la città redenta cioè la riunione e la società dei santi, si offra a Dio come sacrificio universale per mezzo del Grande Sacerdote, il quale ha offerto se stesso per noi con la sua passione, per farci diventare Corpo di così eccelso Capo’ (S. Agostino)” (PO 2).

Si comprende come dal Cuore squarciato di Cristo nasce la Chiesa sua Sposa (Inno della Festa del Sacro Cuore), e dal costato di Cristo dormiente sulla Croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa (SC 5).

La Chiesa dunque vive e si rigenera quotidianamente nel Sacrificio Eucaristico. La Chiesa è Gesù che nel Sacrificio Eucaristico crea l’unione dei credenti, l’unità salvifica, facendo sì che, come prega Gesù, “tutti siano uno come Tu sei in Me, e Io in te,…e siano consacrati nella Verità” (Gv 17, 21s, 19). La Chiesa, definita nel suo centro unificatore e santificatore, è Gesù Eucaristia.

La nostra compartecipazione

Si comprende come la presenza al Sacrificio Eucaristico non è un semplice ascoltare o pregare, ma impegni tutto il nostro essere cristiani e soprattutto sacerdoti. È compartecipare al Sacrificio di Gesù. Padre Pio si sentiva sospeso con Gesù sulla Croce.

Con quale spirito dobbiamo partecipare al Santo Sacrificio ci viene richiamato con tanta penetrazione da Pio XII nell’enciclica Mediator Dei. E ancor più precisamente:

La situazione attuale

Ci si chiede, a questo punto, se nell’attuale svolgimento liturgico tutto converga ad agevolare questa comprensione del Sacrificio.

I segni liturgici assumono una importanza fondamentale nel richiamare i significati profondi del Sacrificio. Dobbiamo ammettere che il fumo di Satana è entrato nelle nostre chiese creando quella confusione che molti ormai accusano con ragione e che provoca l’attuale decadimento liturgico. Lo stesso card. Ratzinger, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, e quindi massima autorità dottrinale con il Papa, nel delineare lo spirito della Liturgia ha richiamato al giusto stile della celebrazione eucaristica.

Una deformazione profonda è stata indotta nel passaggio dall’altare alla mensa: l’altare rivolto al Crocifisso sottolineava visibilmente la identificazione del sacerdote celebrante con il Sommo ed Eterno Sacerdote nel gesto di adorazione del Dio Altissimo e di salvezza del mondo. La stessa posizione rivolta alla Croce favoriva il raccoglimento interiore del celebrante e agevolava la retta comprensione del suo ruolo sacerdotale e del mistero che si svolgeva sotto i suoi occhi. La mensa colloca celebrante e assemblea come commensali confinando in secondo piano il Sommo Sacerdote, e incentra l’attenzione dei presenti sul celebrante, favorendo quel protagonismo spettacolare che ha dato origine alle sceneggiate più stravaganti, e dissolvendo l’indole sacrificale della Messa. Come può il sacerdote, preoccupato di soddisfare con parole e comportamenti l’assemblea, pensare al grande mistero del Sacrificio di Cristo che è chiamato a rinnovare?

Riflettendo anche su altri elementi dell’attuale riforma liturgica, come l’emarginazione dei tabernacoli, l’abolizione degli inginocchiatoi e dei segni di adorazione, la Comunione nella mano, i canti, gli avvisi, e altri elementi di dissipazione indotti nel breve tempo del ringraziamento, si scopre un astuto e ben concertato piano di dissolvimento del mistero eucaristico istigato dal modernismo di ispirazione massonica. Dice bene Gesù stesso nel messaggio sulla Comunione obbligatoria nella mano: “Questa decisione che uomini empi stanno per prendere fa parte del grande piano della massoneria per sminuire il valore della Santa Eucaristia e arrivare all’ultimo termine, che sarà quello di togliere il mio Santo Corpo dalle chiese al fine di unificarsi alle religioni protestanti… Mi vedo trattato come un semplice pezzo di pane, segno solo di fraternità umana e non di Comunione divina e spirituale” (A +L 20.9.03).

Dissolto il Sacrificio, dissolta l’Eucaristia è dissolta la Chiesa

 
Di Admin (del 09/03/2010 @ 14:50:59, in Riflessioni sull'Eucaristia, linkato 1022 volte)

 L’Eucaristia è il compimento dell’Incarnazione del Verbo, è il Memoriale della morte di Gesù in Croce per unirci a Sé nella Risurrezione. L’Incarnazione ha inizio in Maria, creata Immacolata, fatta Madre Vergine del Figlio di Dio, congiunta alla sua Passione come nostra Corredentrice: “Ecco la vergine che concepisce e partorisce un figlio e gli porrà il nome Emmanuele”, il “Dio con noi” (Is 7, 14). “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1, 14) in Maria. Gesù è quindi carne di Maria.

Tutta la vita di Gesù si impregna di Maria, da quando Lei lo concepisce e lo porta nel suo grembo verginale, a quando nasce a Betlemme, lo porta con Giuseppe in Egitto, gli insegna il linguaggio e i primi passi, lo cerca affannosamente e lo ritrova nel tempio, lo contempla a Nazaret, lo accompagna alle nozze di Cana ottenendo il miracolo dell’acqua in vino, lo segue trepidante nella predicazione, lo accompagna al Calvario partecipando alla sua passione con la spada nel cuore (Lc 2, 35; Gv 19, 25s). Tra Gesù e Maria, che ascolta le sue parole e le medita nel suo cuore (Lc 2, 19), c’è un’osmosi reciproca, soprattutto spirituale, perché “beato chi ascolta la mia parola e la mette in pratica (Lc 11, 18), e “chi fa la volontà del Padre mio”(Mt 12, 50).

I Due sono una carne sola

Nell’Eucaristia è quindi Maria fatta sangue del suo Figlio e spirito del Figlio da lei concepito in Spirito Santo (Lc 1, 35).

Partecipando al Sacrificio Eucaristico ci mettiamo a fianco della Madre sua presente ai piedi della Croce (Gv 19, 25). Ricevendo Gesù nella Comunione riceviamo in Lui la carne, il sangue e lo spirito di Maria, che è pienamente configurata con Lui (v. Rm 8, 29). “Maria che ci ha dato - in Gesù - la carne della sua carne, le ossa delle sue ossa, non cessa di darci nell’Eucaristia questa dolce e verginale vivanda celeste” (S. Alberto Magno).

San Giacinto, domenicano, per evitare una profanazione dell’Eucaristia corse a prendere le ostie consacrate per metterle in salvo, e mentre le portava via strette al petto, udì una voce venire dalla statua di Maria posta accanto all’altare: “E come? Porti via Gesù senza portar via anche me?”. Il santo si fermò sorpreso, capì il richiamo, ma non sapeva come fare a portar via anche la statua. Incerto, si avvicinò ad essa per cercare di prenderla con la sola mano libera, ma non ci fu bisogno di sforzo alcuno, perché la statua si era fatta leggera come piuma.

“Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito”

A chi voleva mettere santa Bernardetta in difficoltà con la domanda imbarazzante “Ti piace di più ricevere la Santa Comunione o vedere la Madonna nella grotta?“, essa rispose: “Che domanda strana! Sono cose che non si possono separare. Gesù e Maria sono sempre insieme!”. “I due sono una carne sola, e l’uomo non separi ciò che Dio ha unito!” (Mt 19, 6).

Maria è il tabernacolo di Gesù. E’ una immagine che appare in certi ostensori eucaristici del passato, che rappresentavano la statua della Madonna con un incavo nel petto per collocarvi l’Ostia. In certe chiese di Francia i tabernacoli erano inseriti nella statua di Maria Assunta. Sant’Agostino ci insegna: “Il Verbo è nutrimento degli Angeli. Gli uomini non hanno la forza di nutrirsi di Lui, eppure ne hanno bisogno. Occorre trovare una madre che mangi di questo Pane soprasostanziale e lo trasformi in latte per nutrire i suoi poveri figli. Ecco allora Maria: essa si nutre del Verbo e lo trasforma nella santissima Umanità, in Corpo e Sangue, in questo latte soavissimo che è l’Eucaristia”.

E sant’Ilario, Dottore della Chiesa, insegna: “La gioia più grande che possiamo dare a Maria è quella di portare Gesù in noi”. La sua materna unione con Gesù diventa unione anche con chi si unisce a Gesù nella santa Comunione.

E’ quindi naturale che nei grandi e nei piccoli santuari mariani si sviluppa sempre la pietà eucaristica, al punto da poterli considerare anche santuari eucaristici, come Loreto, Lourdes, Fatima, Guadalupe, Medjugorje.

Ricevendo Gesù nell’Eucaristia, chiamiamo in aiuto alla nostra devozione la sua Santa Madre. San Luigi Grignon di Monfort ha un grazioso formulario di preparazione, adorazione e ringraziamento alla Santa Comunione insieme con Maria.

“Non tu costruirai una casa a Me, ma Io a te”

Il Re Davide vuol costruire un tempio al Signore. Dio gli manda il profeta Natan a dirgli: “Credi tu di edificarmi una casa per mia dimora?”. Non tu mi costruirai una casa, ma Io costruirò una casa a te. Tu pensi a una casa di pietre e legnami. Io penso a una casa di generazioni, una casa di re che saranno tuoi discendenti nei secoli. Anzi: “Quando i tuoi giorni saranno compiuti, Io susciterò dopo di te la tua prole, colui che uscirà dalle tue viscere, e ne confermerò il regno: Lui costruirà una casa in mio nome, ed Io ne perpetuerò il trono regale. Io gli sarò Padre, ed Egli mi sarà Figlio… La tua casa e il tuo regno sarà stabile per sempre dinnanzi a Me, e il tuo trono si manterrà in eterno” (v.2 Sam 7, 1s).

Nel Vangelo vengono riportate due genealogie di Gesù, due serie di antenati e re che precedono la venuta di Gesù. Una serie arriva a Giuseppe (Lc 3, 23s), l’altra indirettamente a Maria tramite Giuseppe (Mt 1, 1s). Questi due elenchi non riportano solo i nomi di persone sante, ma anche di peccatori, come lo stesso Davide e Salomone che è figlio del grande peccato di Davide per l’uccisione di Uria l’ittita (2 Sam 12-13).

La donna non entra in genealogia. Al più è ricordata in obliquo, come Tamar, Ruth e Bersabea. Ma Dio non la pensa così, e come al solito sceglie le cose che non sono per annientare quelle che sono (1 Cor 1, 28). Salvo eccezioni, i re di Gerusalemme sono stati infedeli. Dio lascia i re e sceglie Maria.

Con Maria l’elenco dei re si spezza: sono tutti maschi, re più o meno gloriosi, ma Gesù non nasce da uomo: nasce per via femminile da Maria, che è vergine e dice all’Angelo: “Come avverrà questo, se io non conosco uomo?”. L’Angelo non le dice: “Beh, lo conoscerai”. Le dice invece: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, e tu darai alla luce un figlio e lo chiamerai Gesù. Sarà grande, Figlio dell’Altissimo, e Dio gli darà il trono di Davide suo padre, e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine”.

Davide vive mille anni prima del Redentore. Giacobbe millecinquecento anni prima. Gesù quindi sarà anche figlio di Giacobbe o Israele, e figlio di Abramo, e sarà Re per sempre. E’ un altro riferimento all’elenco dei predecessori di Maria e di Giuseppe. Dio ha visto tutto di lontano, millecinquecento anni prima di Gesù, pensa le cose dall’eternità e le porta a compimento a tempo giusto, nella pienezza dei tempi (Gal 4, 4).

La nascita di Gesù non avviene per via di uomo, per fecondità di uomo, ma per fecondità dello Spirito Santo che è Dio. Non avviene in forza della carne, ma dello Spirito, perché Gesù è il Figlio di Dio, il Verbo del Padre coeterno con il Padre e lo Spirito Santo.

Avviene per via verginale. La carne a Gesù è data da Maria: è filtrata dalla Immacolata Concezione e dalla Verginità di Maria che non ha mai peccato. Quindi i peccati dei peccatori più o meno grandi che hanno preceduto Maria non entrano in lei, non entrano in Gesù.

Qual è la risposta di Maria all’Angelo? Non è “Io compirò, io farò”. E’ invece: “Si faccia di me, avvenga di me quello che hai detto. Io sono la serva del Signore”. E’ come dire: quest’opera così grande non è portata avanti da me, ma da Dio stesso, e io mi metto a sua disposizione perché Dio porti avanti ogni cosa. Tutto dipende da Dio, e Dio sa quello che fa.

E’ un grande insegnamento. Quando noi ci troviamo in difficoltà ci lamentiamo con Dio, fino a bestemmiare. Noi manchiamo di fede, non crediamo che in ogni situazione Dio agisce per il nostro bene e porta a compimento ogni cosa da pari suo. Non c’è nulla che possa nuocerci se ci affidiamo a Dio: “In ogni cosa Dio concorre al bene di coloro che lo amano” (Rm 8, 28), con precisione più che matematica. Diciamo a Dio come Maria: Signore, mi fido di te a occhi chiusi. Tu sai quello che fai. Porta avanti tu la tua opera in me.

Il Signore vuole da noi questa chiave. In noi stessi ha un progetto di santità, ma vuole che noi ci affidiamo a Lui. Diciamo: Signore, sono tutto tuo: mi trovo di fronte a una selva oscura, non vedo dove sbocca questo sentiero buio, ma tu lo vedi. Mi fido di te.

 
Di Admin (del 08/03/2010 @ 14:23:41, in Riflessioni sull'Eucaristia, linkato 1510 volte)

Gesù è presente nell’Eucaristia come Sommo ed Eterno Sacerdote.

Egli non rivestì mai i paramenti sacerdotali. Nel Vangelo appare come uno che annunzia il Vangelo, scaccia i demoni e opera prodigi. Con i sacerdoti leviti del tempio è in rotta, perché ne denunzia la infedeltà alla loro vocazione. Fin da quando i magi vennero a rendergli omaggio, nessuno di essi si mosse a visitarlo, benché sapessero dalle Scritture che sarebbe nato a Betlemme. Saranno anzi i sommi sacerdoti Anna e Caifa a provocargli la morte in croce. Non poteva quindi, Gesù, professarsi sacerdote secondo la tradizione dei figli di Levi.

L’apostolo Paolo dice che Gesù è “Sacerdote in eterno, del tipo di Melchisedec” (Eb 7, 17), e non levitico (Eb 7, 12), e spiega: “Melchisedec, re di Salem, sacerdote di Dio Altissimo, che si fece incontro ad Abramo reduce della disfatta dei re e lo benedisse e da lui ricevette la decima parte di tutto il bottino,… porta il nome che significa ‘Re di Giustizia’ (v. Gn 14, 18s). Poi è detto anche ‘Re di Salem’, ossia ‘Re di Pace’, e ci si presenta senza padre, senza madre, senza genealogia: non hanno principio i giorni di lui, né termine la sua vita. Assomigliato così al Figlio di Dio, rimane sacerdote per sempre” (Eb 7, 1s). Personaggio misterioso, che nella Scrittura si presenta come sacerdote ma senza riferimenti alla sua origine, è figura del Sommo Sacerdote Cristo Signore le cui origini sono nell’eternità.

Nella sua vita terrena Gesù non esercitò mai un sacerdozio rituale, ma fu sacerdote in forza del suo essere mediatore tra Dio e gli uomini (1 Tm 2, 5). Il suo è sacerdozio esistenziale, è nel suo essere Figlio di Dio e al tempo stesso Figlio dell’Uomo (v. Dan 7, 16, ecc.), collocato come ponte (Pontifex, facente da ponte) tra due versanti, quello di Dio e quello dell’uomo per interpretarne le reciproche esigenze.

Con il suo sacrificio (da sacrum facere) rende sacro a Dio l’uomo peccatore, lo consacra nella Verità (v. Gv 17, 19: “Io consacro me stesso perché essi siano consacrati nella Verità”), li rende veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità (Gv 4, 23).

Il suo sacerdozio coincide quindi con l’intera Incarnazione, che inizia nel tempo e rimane in eterno, e ha il suo culmine nel Sacrificio della Croce, reso perenne nel Sacrificio Eucaristico. La Lettera agli Ebrei ne illustra ulteriormente il significato:

“Noi abbiamo un grande Sommo Sacerdote penetrato nei Cieli, Gesù, il Figlio di Dio. Teniamoci dunque stretti alla nostra professione di fede, poiché il nostro Sommo Sacerdote non è incapace di compatire le nostre debolezze, ma le ha provate tutte a somiglianza nostra, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con franchezza al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare grazia di essere soccorsi al momento opportuno.

Infatti ogni sommo sacerdote, venendo assunto di mezzo agli uomini, è costituito nei rapporti con Dio per offrire oblazioni e sacrifici espiatori, sapendo benignamente compatire quelli che peccano per ignoranza o errore, perché anch’egli va soggetto a debolezze e per esse deve, come per il popolo così anche per sé, offrire espiazioni.

Né alcuno si prende da sé tale dignità, ma chiamatovi da Dio. Così anche Cristo non si arrogò da Sé l’onore d’essere fatto Sommo Sacerdote, ma l’ebbe da Colui che gli disse: ‘Figlio mio sei Tu: Io oggi ti ho generato’, e altrove gli dice: ‘Tu sei sacerdote in eterno al modo di Melchisedec’. Egli nei giorni della sua vita mortale con forte grido e lacrime innalzò preghiere e suppliche a Colui che poteva salvarlo dalla morte, ed essendo esaudito per la sua deferenza, benché fosse Figlio, dai patimenti sofferti sperimentò la sottomissione, e reso perfetto divenne autore di salvezza eterna per tutti i sottomesi a Lui, proclamato da Dio Sommo Sacerdote alla maniera di Melchisedec” (Eb 4, 14s; 5, 1s). Questo brano riassume vari elementi di dottrina sopra esposti, mentre altri sono illustrati nella Lettera agli Ebrei che è il documento fondante della dottrina sacerdotale.

Il Sacerdozio nella Chiesa

Nell’esercizio del suo sacerdozio Gesù unisce a sé la Chiesa intera soprattutto nell’azione liturgica. La liturgia infatti è definita da Pio XII “Culto integrale del Corpo Mistico, ossia del Capo e delle Membra” (Mediator Dei), mentre il Concilio la definisce “l’esercizio del sacerdozio di Cristo” (SC 7c). E spiega:

“Per realizzare un’opera così grande - la nostra salvezza - Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. E’ presente nel Sacrificio della Messa, sia nella persona del ministro, ‘Egli che offertosi una volta sulla croce offre ancora Se stesso tramite il ministero dei sacerdoti, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. E’ presente con la sua virtù nei Sacramenti, di modo che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. E’ presente nella sua Parola, poiché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura. E’ presente infine quando la Chiesa prega e loda, Lui che ha promesso: ‘Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono Io in mezzo a loro.

In quest’opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini sono santificati, Cristo associa sempre a Sé la Chiesa, sua Sposa amatissima, la quale prega il suo Signore, e per mezzo di Lui rende il culto all’eterno Padre. Giustamente perciò la Liturgia è ritenuta come l’esercizio del Sacerdozio di Gesù Cristo” (SC 7).

Al suo Sacerdozio Gesù associa in particolare i Vescovi e i Presbiteri (Preti): “Essi, in virtù del sacramento dell’Ordine, a immagine di Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote sono consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino quali veri Sacerdoti del Nuovo Testamento… E soprattutto nel culto eucaristico o sinassi, dove agendo in persona di Cristo e proclamando il suo mistero, uniscono le preghiere dei fedeli al Sacrificio del loro Capo, e nel Sacrificio della Messa rappresentano e applicano, fino alla venuta del Signore, l’unico Sacrificio del Nuovo Testamento, quello cioè di Cristo, il quale una volta per tutte offrì se stesso al Padre quale Vittima Immacolata” (LG 28).

Tale è il Sacerdozio Ministeriale istituito da Gesù stesso eleggendo i suoi Apostoli per dispensare nella sua Chiesa i frutti della sua Redenzione.

Infine al suo Sacerdozio Gesù associa anche i laici quali membra vive del suo Corpo Mistico: tale è il Sacerdozio Battesimale di tutti i credenti (v: LG 34, AA 2, ecc.).

Sacerdos alter Christus

Si comprende come la Chiesa è Cristo stesso: i membri della Chiesa uniti a Lui come tralci alla vite (Gv 15, 1s) mediante la grazia santificante sono suo Corpo Mistico, ma Lui è la fonte, l’alimento, la guida: la Chiesa è la Donna vestita di Sole, ma il Sole è Lui che tutto illumina, tutto santifica, tutto sostiene, tutto alimenta alla mensa della sua Parola e dell’Eucaristia. La Chiesa è Gesù Eucaristia.

Si comprende anche la dignità del Sacerdote e il rispetto dei santi per i ministri di Dio. Il Sacerdote si identifica con Cristo soprattutto nella celebrazione del Sacrificio Eucaristico prestando la sua voce per rendere attuale il Sacrificio della Croce.

Chi è il Sacerdote

Tutti i benefici di Dio non ci servirebbero a nulla senza il Sacerdote. A che servirebbe una casa piena di oro se non aveste chi ne apre la porta? La chiave dei tesori celesti è nelle mani del Sacerdote: egli è colui che apre la porta, è l’amministratore del buon Dio, l’amministratore dei suoi beni.

La lingua di un Sacerdote da un pezzo di pane ne fa un Dio. E’ più che creare il mondo! Se io incontrassi un Sacerdote e un Angelo, saluterei il Sacerdote prima dell’Angelo: questo è amico di Dio, ma il Sacerdote tiene il suo posto. Il Sacerdozio è l’amore del Cuore di Gesù. Quando vedete il Sacerdote, pensate a nostro Signore Gesù Cristo.

Si dà gran valore agli oggetti che sono stati deposti a Loreto, nella scodella della Vergine Santa e del Bambino Gesù. Ma le dita del Sacerdote, che hanno toccato la Carne adorabile di Gesù Cristo, che si sono affondate nel calice dove è stato il suo Sangue, nella pisside dove è stato il suo Corpo, non sono forse più preziose?

Dopo Dio, il Sacerdote è tutto. Lasciate una parrocchia senza Sacerdote, e dopo un anno vi adoreranno le bestie.

Solo in Cielo egli misurerà la sua grandezza. Se già sulla terra lo intendesse, morirebbe, non di spavento ma di amore.

San Giovanni Maria Vianney

 
Di Admin (del 03/03/2010 @ 13:49:00, in Riflessioni sull'Eucaristia, linkato 1934 volte)

La vita cristiana, secondo l’insegnamento dell’apostolo Paolo, è configurarsi con Cristo (Rm 8,29), è avere lo stesso sentire che è in Cristo Gesù (Fp 2, 5). L’insegnamento dell’Apostolo rispecchia il nucleo centrale dell’insegnamento di Gesù stesso espresso nelle occasioni più elevate del suo Vangelo, come nell’orazione sacerdotale e nel discorso sul Pane di Vita.

Nel discorso sull’Eucaristia Gesù insegna: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me, e io in lui. Come il Padre, il Vivente, ha mandato me, e io vivo per il Padre, così pure chi mangia di me, vivrà per me” (Gv 6,56s).

Egli quindi definisce la nostra unione con Lui sulla base dell’unione insondabile che fa di Lui stesso uno con il Padre. Si ricordi anche il paragone dei tralci uniti alla vite (Gv 15, 1s).

Altrettanto fa nell’orazione sacerdotale, in cui prega il Padre: “Che tutti siano una cosa sola, come tu, o Padre, sei in me, e io in te…Siano uno come noi siamo uno: io in essi e tu in me, perché giungano a perfetta unità” (Gv 17, 21s). “Consacrali nella verità…Per loro io consacro me stesso, affinché essi pure siano consacrati nella verità” (Gv 17, 18). La consacrazione indica l’appartenenza piena, l’unione perfetta di Gesù con il Padre, e quindi anche tra noi e Gesù.

Questa consacrazione ci rende sacri non tanto per un’appartenenza materiale, ma per un’appartenenza spirituale data dalla conformità interiore con Gesù, per un sentire che è identificarsi interiormente al modo di sentire di Gesù, un pensare come pensa Lui, un giudicare, un amare, un gustare, un aspirare, un agire secondo il suo cuore. La nostra configurazione con Gesù è quindi un mistero di identificazione spirituale con Gesù che ci fa dire, con l’Apostolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20).

Identificati con Cristo nel compiere la volontà del Padre

 Per Gesù il momento culminante della sua consacrazione al Padre avviene sulla Croce, capolavoro della Divina Sapienza (v. 1 Cor 1, 17s). E’ lassù, elevato da terra, che Gesù attrae tutto a Sé (Gv 12, 32).

Non bisogna mai dimenticare che l’umanità intera, per la quale Gesù si offre sulla croce, si trova in condizione redentiva, bisognosa di redenzione. Per questo Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna (Gv 3, 16).

Tutta la vita di Gesù, come afferma Lui stesso, è in tensione verso questo mandato del Padre: “In un bagno devo essere immerso, e quanta ansia mi sento finché sia compiuto!” ( Lc 12, 50). Ed è proprio per questo che Gesù stesso, entrando nel mondo, dice: “Tu non hai voluto sacrifici e oblazioni, ma mi hai foggiato un corpo…; non hai gradito olocausti e vittime espiatorie. Allora ho detto: ‘Eccomi a fare il tuo volere’” (Eb 10, 5s).

Questi sentimenti del suo Cuore sono rivelati in un dialogo stupendo riportato da Santa Caterina da Siena. Gesù le dice:

“Figliola mia…, la pena del corpo fu finita, ma il santo desiderio non finisce mai. E non ti ricordi, figliola mia, che una volta, quando ti manifestai la mia natività, tu mi vedevi fanciullo parvolo nato con la croce al collo? Perch’Io ti fo sapere che, come Io, Parola Incarnata, fui seminato nel ventre di Maria, mi si cominciò la croce del desiderio ch’Io avevo di fare l’obbedienzia del Padre mio, d’adempiere la sua volontà nell’uomo, cioè che l’uomo fusse restituito a Grazia e ricevesse il fine per il quale fu creato. Questa croce m’era maggior pena che verun’altra pena ch’Io portassi mai corporalmente. E però lo spirito mio esultò con grandissima letizia quando mi vidi condotto all’ultimo, e specialmente nella Cena del giovedì santo. E però dissi: ‘Con desiderio ho desiderato di fare la Pasqua’, cioè di fare sacrificio del mio corpo al Padre. Grandissima letizia e consolazione avevo, perché vedevo apparecchiare il tempo disposto a tormi questa croce del desiderio, cioè che quanto più mi vidi giungere a flagelli e tormenti corporali, tanto più mi scemava la pena. Ché con la pena temporale si cacciava la pena del desiderio, perciocché vedevo adempito quello che desideravo” (Lettera 16).

 E’ consacrandosi al Padre mediante questa identificazione profonda con la volontà del Padre che Gesù diventa causa di salvezza per il mondo: “Benché fosse Figlio, dai patimenti sofferti conobbe a prova la sottomissione, e reso perfetto divenne operatore di salvezza eterna a tutti i sottomessi a lui, proclamato da Dio sommo Sacerdote secondo Melchisedec” (Eb 5, 8s). E’ per questa obbedienza che siamo noi pure consacrati e resi perfetti.

Identificati con Gesù nel Sacrificio Eucaristico

Questo va ricordato a quella corrente di profanatori liturgici ostili al senso della Croce che vanno dissacrando il Sacrificio Eucaristico in spettacoli di stolta euforia conviviale. Il Sacrificio Eucaristico rimanda al Sacrificio della Croce per volontà di Cristo stesso, che, istituendolo nell’ultima cena, ha detto agli Apostoli: “Questo è il mio corpo…Questo è il sangue dell’Alleanza, che è sparso per molti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me” (Mt 26, 26s e Parr.).

La nostra conformità con Cristo non può sussistere senza un riferimento a questo momento risolutivo della nostra salvezza: “Se uno non porta la sua croce, non può essere mio discepolo” (Lc 14, 27). Istituendo il Sacrificio Eucaristico come Albero della Vita piantato nel cuore della Chiesa sino alla fine dei tempi, Gesù intese unirci a Sé in questo atto salvifico centrale della vita cristiana. Non c’è unione più profonda dell’identificazione spirituale con Cristo crocifisso: “Con Cristo sono confitto in croce, e non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 19s). Questo è per Paolo “vivere nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20).

Pio XII ha rettamente individuato il modo di celebrare il Santo Sacrificio o di parteciparvi con questo alto insegnamento: “Gesù è vittima, ma per noi, sostituendosi all’uomo peccatore. Ora il detto dell’Apostolo:’Abbiate in voi lo stesso sentire che è in Cristo Gesù’, esige da tutti i cristiani di riprodurre in sé, per quanto è in potere dell’uomo, lo stesso stato d’animo che aveva il divin Redentore quando faceva il sacrificio di Sé, ossia l’umile sottomissione dello spirito, l’adorazione, l’onore, la lode e il ringraziamento alla somma Maestà di Dio.

Richiede inoltre di riprodurre in se stessi le condizioni della vittima, cioè l’abbandono di sé secondo i precetti del Vangelo, il volontario e spontaneo esercizio della penitenza, il dolore e l’espiazione dei propri peccati.

Esige, in una parola, la nostra mistica morte in croce con Cristo, in modo che possiamo dire: ‘Sono confitto in croce con Cristo’ ” (Enc. Mediator Dei).

Padre Pio, a chi gli ricordava le sue sofferenze nel celebrare il Sacrificio Eucaristico, rispondeva che nella Messa si trovava appeso con Cristo in Croce. Quanto sia lontana l’odierna prassi liturgica da questo modo di intendere lo sperimentiamo tutti i giorni nel decadimento di molte celebrazioni. Ma come può, un celebrante, immergersi in questo spirito di identificazione con Cristo mentre è rivolto verso un’assemblea, distratta da ben altre preoccupazioni, o peggio quando lui stesso a immettere nella celebrazioni elementi di dissipazione?

Identificati con il Sommo Sacerdote

Istituendo l’Eucaristia, Gesù ha inteso unire il suo Corpo Mistico ai suoi intenti di Redentore. Egli solo, essendo il Verbo del Padre e conoscendo Dio in modo perfetto, è l’unico in grado di rivolgere a Dio un culto perfetto. E’ Lui che dà senso e riempie la nostra offerta di sacerdoti e vittime. A noi uomini, anche con le disposizioni più felici, è dato partecipare alla sua adorazione in misura assai limitata. Identificarsi con Cristo nel momento della Consacrazione è unirsi nell’intimo alla sua mediazione di Sommo Sacerdote con i suoi stessi atteggiamenti divini di adorazione, ringraziamento, espiazione dei peccati e richiesta di grazie per noi e per l’umanità intera. E farci a nostra volta mediatori con Lui.

Per questo non c’è atto di culto più importante e più efficace del Sacrificio Eucaristico, in cui si incentra tutta la nostra religione di “veri adoratori che adorano Dio in Spirito e Verità” (Gv 4, 23).

Le voci di allarme per lo svuotamento liturgico in atto nella Chiesa, come avverte lo stesso card. Ratzinger, rendono indifferibile una riforma che ripari, con il dissolvimento del Sacrificio Eucaristico in irriverenti sceneggiate rituali, questa dissacrazione dell’atto su cui, per volontà di Cristo, si fonda e si alimenta la Chiesa, e riporti a serietà teologica la liturgia eucaristica.

Il Sacrificio Eucaristico è più che preghiera, più che ascolto, più che rito. La formazione degli stessi laici alla Santa Messa deve giungere a farne percepire il significato profondo di identificazione con Cristo, Sommo ed eterno Sacerdote, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Anche l’osservanza del precetto festivo sarà facilitata dal capirne il significato: si va alla Messa per tutta la Chiesa, per l’intera umanità. Non c’è azione più urgente e più efficace di carità cristiana.

Avendo amato i suoi che erano nel mondo, Gesù li amò fino all’estremo (Gv 3, 1). L’Eucaristia è il vertice dell’amore di Cristo per noi, che compendia tutta la sua Incarnazione redentrice.

Dio, essendo onnipotente, non poté dare di più. Essendo sapientissimo non seppe dare di più. Essendo ricchissimo non ebbe da dare di più (S. Agostino). Nell’Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, Cristo Pane vivo che dà la Vita agli uomini (Vaticano II, PO 5).

Sulla terra non esiste ricchezza più preziosa di Gesù nell’Eucaristia, “Dio con noi”.

Facciamo quadrato intorno all’Eucaristia contro la congiura dei nuovi Giuda che mirano a eliminarla, distruggendo la Chiesa.

 
Pagine: 1
Cerca per parola chiave